Vive in Italia da 21 anni ma, nel giorno della cerimonia di conseguimento della cittadinanza, ha ricevuto un secco "No". Succede in provincia di Brescia, a Pontoglio. Il sindaco leghista Alessandro Pozzi spiega: "Non è razzismo, ma coerenza". Il motivo della bocciatura? La donna non capiva le domande che le venivano poste e non sapeva pronunciare la formula di giuramento. Dovrà ripresentarsi entro l'estate così da ottenere il documento.
Pontoglio è un comune di circa settemila anime, e non è la prima volta che viene negata la cittadinanza a uno straniero da tempo in Italia. "La sua incapacità di comprendere e parlare la lingua italiana, nemmeno quella base - spiega il sindaco -, rispondendo a un semplice 'Come ti chiami', dopo oltre 20 anni, solleva non solo legittime preoccupazioni pratiche ma anche interrogativi più ampi sulle barriere che potrebbero esistere nel processo di integrazione, sia a livello familiare che sociale. È preoccupante pensare che una donna possa trascorrere così tanto tempo in Italia senza acquisire una conoscenza minima della lingua del Paese ospitante: ciò solleva dubbi sulla reale inclusione nel corso di questi anni".
A portare il sindaco a negare la cittadinanza, anche il fatto che la donna non avrebbe mai partecipato a corsi di alfabetizzazione, nemmeno i più recenti proposti dal Cpia di Chiari nel 2022/2023. Per Pozzi: "La negazione della cittadinanza è stato un gesto doveroso, di rispetto verso i cittadini di origine straniera che sono diventati italiani e si sono integrati nella nostra comunità".
Pozzi non è nuovo agli onori della cronaca. In passato non è passata inosservata la decisione di affiggere il cartello (poi rimosso) all'ingresso della cittadino con scritto "Pontoglio. Paese a cultura occidentale e di profonda tradizione cristiana".
Adesso la bocciatura riaccende il dibattito, ma il primo cittadino tira dritto: "C'è la volontà da parte di qualcuno - ha detto a Radio Libertà - di fare polemica. Per fortuna, molti cittadini stranieri residenti a Pontoglio la pensano come me, mi hanno dato ragione. Questo secondo me la dice lunga. In questi giorni ho ricevuto anche parecchie mail e parecchi messaggi di cittadini stranieri che condividono quello che ho fatto. Credo che questa sia la cartina di tornasole: sono i cittadini stranieri per primi a condividere che dopo 21 anni saper parlare un italiano di base è il minimo. Se avessi concesso comunque la cittadinanza alla signora, nonostante non fosse stata in grado di pronunciare il giuramento in italiano, avrei commesso il reato di falso in atto pubblico".
Fonte: TodaYSTORIE
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